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La complessità della perdita nel lutto perinatale

Con il termine lutto, in psicologia, si fa riferimento ad un processo accompagnato da reazioni psicologiche e comportamentali conseguenti ad una perdita, reale o percepita. La parola perinatale significa letteralmente “intorno alla nascita”, pertanto l’espressione indica la perdita di un figlio che avviene tra la ventisettesima settimana di gestazione e il primo mese di vita del bambino. Nell’immaginario collettivo, la gravidanza, è associata a delle immagini positive rispetto alla “dolce attesa”, che hanno tutte a che fare con la vita, eppure, esiste una realtà molto spesso taciuta di gravidanze il cui esito provoca effetti drammatici nella vita della futura coppia genitoriale. Molte volte sembra difficile comprendere come sia possibile che la morte di un bambino non ancora nato, vissuto così poco, possa lasciare un vuoto tanto grande. Tale difficoltà nell’elaborazione del lutto sta nel fatto che si tratta della morte di qualcuno che non è nato e ciò, di per sé, rappresenta una contraddizione. La perdita di un figlio rappresenta una delle esperienze più traumatiche nella vita di un uomo, un’esperienza mentalmente e fisicamente devastante, poiché mette in crisi la visione della propria vita, le relazioni affettive e l’immagine di sé. L’effetto è l’impossibilità di andare avanti.

Ricordiamoci che il lutto è l’insieme delle reazioni provocate dalla morte in coloro che rimangono. Freud già nel 1915 scriveva “Propriamente il lutto è una reazione alla perdita di una persona amata o di un’astrazione che ne ha preso il posto” (Freud, 1976, pag. 102). Nella morte perinatale il concetto di bambino ideale ha una parte fondamentale. Una mamma diventa tale quando vede il test di gravidanza positivo ed è in quel momento che la mente inizia una serie di pensieri e immaginazioni che porteranno i genitori a vedere il proprio figlio in varie fasi della sua/loro vita.  La perdita prenatale è un’esperienza traumatica di grave entità, che può determinare nella coppia un alto rischio di insorgenza di lutto complicato o di sviluppare un disturbo psichiatrico. Infatti, le coppie in lutto vivono una enorme rottura esistenziale, poiché si interrompe il processo di identificazione personale e con esso, lo sviluppo del percorso genitoriale. Le madri non vivono solo l’esperienza del lutto ma anche una profonda ferita esistenziale, infatti, vivono pensieri di incapacità a generare una vita e di incuria nell’essere state in grado di proteggere il proprio bambino. Sperimentando, così, vissuti depressivi e senso di colpa. La perdita di un bambino nascente è un’esperienza drammatica che interrompe in modo brusco il progetto, il processo di genitorialità e il legame di attaccamento in costruzione, comportando uno shock emotivo intenso e un profondo e fisiologico vissuto di lutto.

Tale processo coinvolge la persona a più livelli: fisico, emotivo, cognitivo e sociale. A livello fisico, possono manifestarsi disturbi del sonno come insonnia, risvegli notturni, incubi, disturbi dell’alimentazione, nausea, vomito. A livello emotivo, si possono vivere senso di vuoto, incredulità, tristezza, depressione, rabbia, solitudine, impotenza, paura. A livello cognitivo, si possono presentare cambiamenti del flusso del pensiero (i pensieri possono rallentare o accelerare, diventare intrusivi e ossessivi) sino a portare ad una perdita di lucidità, con conseguente confusione e disorientamento. A livello sociale, si assiste ad un cambiamento della vita relazionale, dove il senso di estraneità e la difficoltà di comunicazione, comporta isolamento o la ricerca di persone che hanno vissuto esperienze simili con le quali condividere il proprio dolore. L’effetto è l’impossibilità di andare avanti.

Solitamente il lutto richiede del tempo per essere elaborato, necessita di ascolto e contenimento e il suo superamento passa attraverso l’espressione e la condivisione del dolore fisico ed emotivo. Kubler-Ross, nel  libro, La morte e il morire, (1969),  teorizza cinque fasi attraverso le quali passerebbe obbligatoriamente un individuo a seguito di una perdita.

  1. fase della Negazione/Rifiuto, in questa fase la perdita è negata, la negazione del lutto rappresenta un naturale meccanismo di difesa;
  2. fase della Rabbia, la persona “guarda la realtà” e utilizza la rabbia come difesa per non affrontare la profonda tristezza;
  3. la fase del Patteggiamento, tenta di reagire all’impotenza, detta anche la fase del “negoziato”, dove la persona verifica ciò che è in grado di fare, cercando delle risposte o trovando soluzioni;
  4. la fase della Depressione, ci si arrende alla situazione razionalmente ed emotivamente;
  5. la fase della accettazione, caratterizzata dalla consapevolezza e dalla accettazione della perdita.

Per il superamento del lutto perinatale, è fondamentale riconoscersi come genitore cosa che può far sentire il bambino come una persona che è stata amata e investita di sentimenti e desiderio. Questo passaggio, che ognuno potrà fare come saprà e fin dove vorrà, è essenziale per potersi distaccare dal lutto e mantenere un rapporto emotivo anche rivolto al figlio che non c’è più.

Dott.ssa Merirosy Benevento

Psicoterapeuta approccio umanistico-bioenergetico

Psicologa perinatale

 

Bibliografia

Kubler-Ross E., (1969) La morte e il morire, Cittadella Editrice, Assisi, 2005.

Freud, S. (1976), Lutto e malinconia, in Opere, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino.

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