Psicoumanitas per Me
Quando sono approdata a Psicoumanitas cercavo, non so bene cosa, ma cercavo.
Poi ho imparato a sostare nel porto del gruppo, che spesso è un porto sicuro, altre volte meno e da alcuni venti può non essere così riparato. Ho appreso che potevo fare del mio meglio per rendere quel porto ancora più ricco oltre che stimolante e nutriente, ma usando rispetto e pazienza e che potevo eventualmente lasciarlo per un po’ e tornare nel momento giusto se ne avessi avuto bisogno e che c’è un tempo per ogni cosa.
Ho appreso che non sempre è il momento di cercare e che bisogna darsi il tempo di trovare quello che già è presente, prima di tutto in me.
Come Cristoforo Colombo inizialmente mi ero illusa di essere sbarcata nelle Indie, invece mi trovavo in America.
Quando si trova l’America si può decidere di sterminare ciò che già c’è dando per scontato che il proprio modo di vivere sia il migliore, il più progredito, imponendolo alla maniera dei conquistatori, oppure, diversamente, ci si può arrestare per qualche istante, si può smettere di giudicare e giudicarsi e cominciare ad osservare, ascoltare, apprendere, integrare e interagire con quello che si trova. Ci è voluto tempo per me, ho iniziato a mettere da parte ciò che già sapevo, che mi dava apparente sicurezza, che non mi permetteva però di fare spazio per questo nuovo mondo e modo di approcciarsi alla vita ed alla Psicoterapia.
Sono arrivata a Psicoumanitas perché mi ha invitato all’open day una cara amica dell’università e caso volesse un altro amico la frequentasse e mi sono incuriosita.
Per me non c’era nulla di comodo nel raggiungere Pistoia, nello spendere tempo, soldi ed energia, investire emotivamente in nuovi rapporti, regole e contesti da far propri in una città che avrei dovuto raggiungere da fuori sede quando a Bologna disponiamo di un sacco di scuole di Psicoterapia. Infondo avevo già vissuto da pendolare e non ne avevo voglia. Io non volevo nemmeno farla la scuola.
È strano sentirsi a casa quando si è in viaggio, ma è stato proprio così. Questa la sensazione che ho percepito il primo giorno di scuola nonostante mi barcamenassi tra diffidenza e l’incosciente curiosità di un bambino, salvo scoprire che per un viaggio senza ritorno di questo genere, è meglio essere aperti e disponibili a ciò che accade senza pretendere di conoscerne prima gli esiti. Se fossi stata a conoscenza di cosa mi sarebbe davvero aspettato forse avrei gettato la spugna sin da subito. Non è un viaggio per tutti perché è un viaggio incerto, ma decisi dopo poche ore di dire questo “si”.
Ho visitato luoghi sconosciuti spesso di notte illuminati talvolta dalla luna e talvolta con la luce di qualche compagno di viaggio.
Luoghi incantevoli, caldi e pacifici pieni di luce e frutti dolci e deliziosi, deserti con sabbie mobili ingannevoli, quelle delle aspettative e delle illusioni, o luoghi troppo affollati, abitati da diverse tribù e animali: villaggi di pescatori, città in espansione, pellegrini e mendicanti, traditori e traditi, sacerdoti e sacerdotesse, maghi e streghe, cacciatori, amazzoni, re e regine, felini, equini, scimmie antropomorfe. Archetipi. Io sono stata tutte queste cose, ho assunto forme e vissuto vite.
Il tempo ha assunto significati altri e degni di questo nome, espandendosi all’interno di me, per quanto io lo rendessi possibile.
Ho respirato, quanto ho respirato!
Ho potuto respirare imparando a conoscere e a non vergognarmi del dolore sentendomi bella anche nel pianto oltre che nel riso, nei sì e nei no.
Ho trovato occhi pronti a vedere, altri impauriti, il mio riflesso nello sguardo dell’altro, ho ascoltato storie intrecciate, annodate dipanate con coraggio, storie finite, inizi e addii.
Ho avuto sete, fame, nausea, ho sentito una stanchezza mai provata prima, ho sentito ogni muscolo del mio corpo rispondere a paura, delusione, gioia, frustrazione, amore, percepito la forza vitale in me e nell’altro, il piacere.
Mi sono svuotata e riempita seguendo diversi ritmi, danzato all’alba e all’imbrunire ubriacandomi di contatto e rivendicando i miei diritti compreso quello alla solitudine.
Ho trovato che l’errore è la più grande risorsa evolutiva di cui l’uomo possa disporre e che l’apprendimento funziona meglio senza la paura. Ho appreso ad apprendere con l’esperienza, affidandomi e fidandomi un po’ di più degli altri, ma soprattutto di me, ricominciando ad ascoltare tutti i miei sensi.
Ho perso. Ho perso talmente tanto, alla maniera dei sogni che lasciano soltanto tracce e memorie sottili, impressioni ed emozioni sulla pelle, capendo che devo morire ogni giorno dimenticando e ripulendo. Ho perso certezze la capacità di essere diversa da come sono e l’idea che ho di me, perché è solo un’idea. Quindi sono rimasta io con qualsiasi neo, macchia, contraddizione.
Strano quanto si possa cambiare assomigliandosi sempre di più.
Una delle frasi ricorrenti di mia madre è:”per fare bisogna disfare” e credo che in queste semplici parole si racchiuda l’essenza di ciò che ho vissuto.
Non a caso ho scelto termini marittimi per descrivere la mia esperienza a Psicoumanitas: la prima maratona in effetti, così si chiamano le giornate di gruppi intensivi (poi ne ho capito il perché), comincia con l’idea che si stia costruendo una barca dotata del proprio equipaggio per salpare verso un viaggio, che per me, come ho già detto, si è rivelato senza ritorno, con una meta interiore da definire passo passo oltre che una meta professionale che è quella di apprendere il mestiere di psicoterapeuta (scontrandomi con la realtà che si ricomincia sempre da capo con ogni persona che si incontra), psicoterapeuta che può essere anche un conduttore di gruppi.
Quello che ho attraversato in termini personali è sicuramente metafora di ciò che può accadere nel percorso psicoterapeutico nel quale si attivano scenari, si vivono e rivivono emozioni, si possono incontrare fantasmi e demoni, bisogna quindi essere pronti a poter accompagnare chi si ha davanti in questo, perdersi e visitare i luoghi più remoti di sé, mantenendo tuttavia la rotta accogliendo gli imprevisti e le deviazioni del viaggio che probabilmente rappresenta la meta stessa.
Bologna, 05/08/2020
Deborah Santi
Deborah Santi Lavoro a Budrio in provincia di Bologna come Psicologa e Psicoterapeuta. Dal 2015 mi occupo di Disturbi dell’Apprendimento e di supporto psicologico e negli ultimi anni ho approfondito lo studio delle emozioni in relazione al vissuto corporeo nell’ottica della Bioenergetica e della terapia Umanistica. Mi sono laureata nel 2013 in Psicologia Cognitiva Applicata all’ Università di Bologna con il massimo dei voti approfondendo una tesi sulla relazione tra lo sviluppo del linguaggio e le capacità di calcolo in età prescolare. Successivamente ho proseguito la mia formazione clinica nell’ambito dei disturbi alimentari e delle dipendenze prestando servizio in diverse strutture pubbliche. In seguito al diploma alla scuola di Psicoterapia Psicoumanitas organizzo gruppi dedicati alle tecniche bioenergetiche, Mindfulness e tecniche di rilassamento corporeo.